Trieste, situata all’estremo
golfo dell’Adriatico fra l’Istria ed il Friuli, fu per
tanti secoli, per la consistenza della sua popolazione, una
piccola città, anche se la maggiore dell’Istria di cui
faceva parte geograficamente ed etnograficamente.
La città di
Trieste, dall’anno 1717 al 1777, raggiungeva al massimo una
popolazione di 17.000 abitanti. Da un punto di vista
sanitario, usando il criterio del
coefficiente dell’1 per mille, si può ritenere che i malati
psichici della città di Trieste, per il loro limitato numero
e per il tipo di assistenza allora prevista,
non costituivano, come per il tempo precedente, un problema per
la comunità cittadina, né di
primo piano, né di qualche grave impegno. Del problema, quindi, non
sono rimaste tracce negli archivi.
Così scriveva nel 1958 il direttore
prof. dott. Francesco Maria Donini per conto della Provincia
di Trieste in "Spunti storici sull’assistenza
psichiatrica in Trieste" in occasione della celebrazione dei
cinquant'anni, 1908 – 1958, dell’Ospedale Psichiatrico
Provinciale "Andrea Di Sergio Galatti".
Lo stesso prof. Donini
ricordava nello scritto
che l’Imperatrice Maria Teresa, con editto del 14 giugno
1761, aveva decretato l’erezione a Trieste di un nuovo ospedale generale per
gli infermi "di ambo i sessi". Fu scelto per la sua costruzione
un vasto fondo in contrada di Romagna. Dopo pochi anni, però,
precisamente nel 1785, la costruzione fu trasformata dall’Imperatore Giuseppe II° in Caserma ed
Ospedale Militare, riservata quindi all'esercito.
All'assistenza sanitaria della
città fu destinato l'antico palazzo vescovile, situato sul
colle di San Giusto, che divenne pubblico ospedale.
I malati mentali
non furono ricoverati in questo ospedale, ma allogati nello
stabile delle vecchie prigioni politiche in Piazza Grande.
Per l’aumentare della popolazione cittadina,
tra la fine del 1700 e la prima metà del 1800, accrebbe anche
il numero dei malati mentali ed essendo diventato
insufficiente ad accogliere tutti lo stabile delle vecchie
prigioni, alcuni di loro venivano rifiutati per mancanza di
"posto fisico", mentre altri venivano raccolti nei vari fabbricati
costruiti sul colle di San Giusto.
La situazione precaria di tale
assistenza determinò il Comune di Trieste,
sensibile al problema umanitario, a decidere la costruzione
di un nuovo ed adeguato nosocomio in una zona centrale della
città. Portati a termine i lavori, l'opera di proporzioni
imponenti, fu inaugurata nel 1841.
Divenne l’attuale Ospedale Maggiore
destinato al ricovero, alla
cura ed alla riabilitazione dei pazienti affetti da
ogni genere di malattia.
Il vecchio ospedale civico sul
colle di San Giusto fu riservato all'accoglienza e cura dei
malati di mente.
Trieste ebbe così, dal 1841, il
suo primo "manicomio".
Lo sviluppo urbanistico ed
economico del secolo XIX, che portò Trieste ad essere grande
città e primo porto dell'Austria, pose al Comune nuovi e
gravi problemi politici, sociali e culturali.
L'Amministrazione civica vi si
dedicò ad essi con serietà. Tra gli altri rimaneva,
nell'ambito dell'assistenza sanitaria, il problema della cura
dei malati mentali che aveva bisogno di soluzioni
maggiormente rispondenti. Si fece strada il progetto della
realizzazione di un Manicomio ispirato, quanto a costruzione
e a servizi, alle più avanzate concezioni del tempo.
In data 1 agosto 1896 fu
bandito un concorso
internazionale con un'accurata descrizione delle esigenze
secondo un preciso Programma Medico.
I concorrenti (12 in tutto)
presentarono varie soluzioni. Le migliori vennero prese in
considerazione per la stesura del progetto definitivo,
che è stato elaborato dall’ing. Lorenzutti, allora direttore dell’Ufficio Tecnico del Comune di Trieste.
Nel 1899 venne
deliberata la costruzione del “Manicomio” con ubicazione nel
territorio di Scorcola, su di un appezzamento di terreno ai
piedi della collina di Conconello, acquistato in previsione
già nel 1895.
Ma, a causa di un fatto imprevisto
ma decisamente non
trascurabile (si trattava della costruzione di un diverso tracciato per la
linea ferroviaria Trieste-Gorizia che passava esattamente
attraverso i terreni scelti per il costruendo
manicomio), venne abbandonato il progetto di ormai imminente
esecuzione e si diede incarico, nel 1902, all’architetto Lodovico Braidotti di redigerne uno nuovo.
Era previsto venisse realizzato sugli attuali terreni in località Guardiella.
L’architetto Braidotti,
vincolato dalle linee generali del “Programma Medico” del 1896,
ritenne doveroso visitare, assieme allo psichiatra dott. Canestrini e col protofisico
dott. Costantini, vari istituti psichiatrici in Europa, prima
di iniziare la progettazione. Alla fine presentò un elaborato che prevedeva
la costruzione su di un’area di quasi 23 ettari (per la
precisione 229.100 mq) di un comprensorio di ben 50 edifici
articolati per un totale di 21.000 mq di
superficie coperta.
Il nuovo Ospedale per
gli ammalati psichici fu aperto nel 1908. I primi pazienti
furono accolti il 4 novembre di quell’anno. Fu definito Frenocomio Civico e
il Comune, a perenne memoria e gratitudine
per il cospicuo lascito disposto dalla famiglia Galatti, lo
intitolò a nome di “Andrea di Sergio Galatti”. |